Sulle incoerenze di come si concede di costruire

Presentate le nostre Osservazioni, nel procedimento di approvazione degli interventi edilizi a Grassina sulla collina di “Mezzosso”.

Tutto quello che c’è da sapere prima dell’approvazione dei due Piani Attuativi di Grassina (e per non farlo):

1. La scelta urbanistica di far edificare ai piedi della collina era già stata contestata dalla Regione Toscana nel 2014, all’epoca dell’approvazione del Regolamento Urbanistico. Alla bocciatura “urbanistica” si è aggiunta, poi, anche la bocciatura “paesaggistica” della Soprintendenza.
Per questo motivo (lo abbiamo illustrato nel comunicato dell’8 maggio), l’adozione dei due Piani è stata una forzatura che recherà solo svantaggi, al Comune come al privato. 
Se la progettazione sia delle villette sia del recupero del Molinuzzo non cambia, la Soprintendenza non potrà che rinnovare la valutazione d’incompatibilità paesaggistica, non essendo immaginabile la ritrattazione di quella già espressa.  Il che è come «far rientrare dalla porta quel che si è inteso di far uscire dalla finestra». La Soprintendenza, infatti, sarà chiamata ad esprimere un parere qualificato, ossia «obbligatorio» (nel senso che non se ne può prescindere) e pure «vincolante» (nel senso che non si può disattendere). 
Cosa dirà il Comune ai privati?  Questa delibera di adozione è stato solo un atto di compiacimento elettorale, visto che il privato non riceverà alcuna abilitazione a costruire!

2. Sulla collina di Mezzosso, il Regolamento Urbanistico impone al privato la costruzione di un’area spettatori attrezzata per 1.500 persone, ma poi si limita a prescrivere un parcheggio per soli 20 posti auto!
Dove sono gli spazi per assorbire un simile flusso veicolare? Da nessuna parte!
Allora, il dubbio è: o l’evento della Rievocazione Storica è destinato a rimanere in ambito esclusivamente locale, tale per cui non v’è necessità di uno stravolgimento territoriale permanente e di simile impatto, trattandosi di una manifestazione che occupa un solo giorno all’anno; oppure, se si vuole dare all’evento maggior risalto e farlo divenire un’attrazione turistica di rilievo, non si può fare a meno di prevedere e realizzare adeguate infrastrutture di parcheggio. E, se davvero si considera la manifestazione di utilità collettiva, il Comune avrebbe tutti gli strumenti per realizzare questo scopo, senza far edificare delle palazzine residenziali e senza erodere il territorio rurale circostante!

3. Sull’area di 5.000 mq di terreno rurale, sopra la scuola “Masi”, da trasferirsi gratuitamente al Comune, quale utilità c’è? Apparentemente, nessuna! Non per il privato, dal momento che il mantenimento dell’area a verde darebbe luogo ad un rilevante costo economico per il nuovo condominio. Non per la scuola pubblica Masi, i cui spazi esterni sono sovrabbondanti anche rispetto a futuri ed eventuali ampliamenti. Neppure per il Comune, considerate le difficoltà di bilancio nel farsi carico delle manutenzioni del verde.  Più che di un «onere» imposto al privato, allora, sarebbe più corretto parlare di uno «sgravio» al medesimo.
Non essendovi, poi, un’apparente utilità collettiva, e non potendosi certo immaginare un agire illogico della parte pubblica, s’insinua il dubbio che il Comune intenda acquisire quest’area al proprio patrimonio per destinarla in futuro alla vendita a terzi, una volta valorizzata con una modifica della destinazione d’uso a residenza. Magari per far fronte ad esigenze di bilancio.          Il dubbio diviene sospetto proprio per la mancata qualificazione di tale spazio come verde pubblico, destinazione che precluderebbe la possibilità di una successiva cessione. Siccome la vocazione a funzione scolastica di un’area così vasta ci pare molto generica, il sospetto resta.

4. Un’ultima riflessione sulla necessità di adeguare i Piani ai principi di miglior governo del territorio. Visto che costruire significa trasformare irreversibilmente un territorio, va declinato nella prospettiva del «con» e non del «contro» il paesaggio, perché l’uno e l’altro sono inscindibilmente legati. Qualcuno dovrà pur riconoscere - nella sostanza e non solo nelle dichiarazioni di principio - che il paesaggio è una risorsa economica creatrice di posti di lavoro, legata al modello di sviluppo di un turismo sostenibile. Qualcuno dovrà pur insegnare ai giovani il valore della bellezza e dell’eredità culturale che deriva loro da un grande passato. La diffusione dell’attaccamento al «bello di natura», oltre che al «bello d’arte», è il presupposto per avere, domani, una cittadinanza consapevole e capace di difendere il proprio patrimonio culturale, di cui il paesaggio è parte irrinunciabile. Da qui la «necessità politica», attuale ed impellente, di governare i cambiamenti, di chiedere il giusto equilibrio, di armonizzare l’azione dell’uomo con la salvaguardia di ciò che lo circonda e ne esteriorizza la propria identità sociale.

Sonia Redini
Consigliere del Gruppo “Per Una Cittadinanza Attiva – Bagno a Ripoli”